Proserpina. Convengenza di culture.
(a cura di Maria De Michele)
Un’opera che allarga i confini dei sensi e progetta un mondo senza limiti per l’immaginazione, lo spazio della tela è occupato e dilatato da una figura femminile di oggi che avviluppa in seno , con giochi di pieghe, parte della rappresentazione di un mito “ Il ratto di Proserpina†gruppo scultoreo di Gian Lorenzo Bernini, una sfida impari e apparentemente anacronistica che l’artista propone seguendo un proprio equilibrio in una possente energia dove l’olio e le penne colorate mettono in evidenza la sapienza pittorica e segnica, la stella cometa che guida l’enigmatico uomo d’arte Mario Gianquitto è la curiosità verso il futuro che si traduce in capacità di vivere il passato. In questo dipinto, eseguito con tecnica multipla, termine coniato dall’artista, c’è l’elaborazione di uno stile in cui coesistono due linguaggi della realtà , pittura e disegno, preludi di una terza dimensione.
Gianquitto nel laboratorio delle idee e dei percorsi dai risvolti impensati razionalizza, semmai fosse possibile, l’amore per l’arte, seguendo una strada molto articolata dove narrazione e tema sono inscindibili nell’alternanza di scenari reali e mitologici. Il dipinto fissa ed amplia il significato del momento storico, caratterizzandolo nel senso di una convergenza di culture. Simbolo di civiltà dove nel gioco degli scambi tra le diverse etnie è importante demolire le discriminazioni e parlare di un’armonia europea.
L’abilità inconscia di Gianquitto è quella di saper gestire i passaggi tra il contesto mitologico, evocativo e quello reale attraverso la ciclicità del tempo. Un “Filo di Arianna†che porta il fruitore a non disperdere il valore che l’opera sottintende. Soffermandoci sui drappeggi purpurei che ricoprono la figura femminile e ricadono con morbide modulazioni, è straordinario il contrasto tra luce ed ombra, la brillantezza e i bagliori cromatici, i morbidi passaggi graduali tono su tono. Ad una più attenta osservazione ci troviamo catapultati in un panneggio informale, che percepisce il reale dimenticandosi che lo sia e ricollocandolo con precise coordinate spaziali in astrazioni di immagini che lo conducono verso una indotta consapevolezza di un incomprensibile reale.
Ed è in questi aspetti che Mario Gianquitto si colloca nella contemporaneità , nel dipingere il mantello la memoria crea dei vuoti, aree di scompenso a cui è necessario aggiungere narrazioni “astratte†per ricollegare i processi mentali.
Il volto della modella nel suo realismo trasmette l’immediatezza dell’emozione, tutte le donne dell’artista uniscono alla grazia l’intensità espressiva. Il volto, imbevuto di luce lancia messaggi non verbali veicolando il fruitore verso una lettura di un sé idealizzato dove ad emergere è un edonismo interiore non avulso dalla sensualità , espressione ed esternazione di una purezza interiore. L’inconsapevole diviene consapevole, il caos si trasforma in regola, procedimenti indotti da una necessaria condizione alla creazione.
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